Le chiamiamo spesso semplicemente “app”, ma non sono tutte uguali. Da una parte ci sono le app che scarichi dagli store e vivono installate sullo smartphone. Dall’altra ci sono le applicazioni web, che non chiedono spazio sul dispositivo e viaggiano dentro il browser. A volte sembrano identiche, eppure nascono da logiche diverse, usano infrastrutture diverse e hanno limiti e libertà che un’azienda deve conoscere prima di scegliere in che direzione andare.
Che cosa sono davvero le applicazioni web
Un’applicazione web è un software che gira nel browser e viene distribuito via Internet. Non la installi da uno store, non occupa memoria come un’app nativa, non ha bisogno di aggiornamenti manuali: ogni volta che apri l’URL, stai usando l’ultima versione disponibile. Tecnicamente si appoggia sugli stessi mattoni del web: HTML, CSS, JavaScript, framework come React, Vue o Angular, servizi lato server e API.
A differenza di un semplice sito informativo, una web app è pensata per far fare qualcosa all’utente: gestire un account, lavorare su dati, usare strumenti complessi. Gmail, Figma, Notion, interfacce di dashboard e pannelli di controllo sono tutti esempi di applicazioni web. Non ti chiedono di installare, ti chiedono di accedere.
Come funzionano sotto il cofano
Quando apri una web app, il browser scarica una parte del codice dal server e la esegue in locale. Il front–end gestisce l’interfaccia, le interazioni, gli stati dell’applicazione. Il back–end si occupa di autenticazione, logiche di business, database, notifiche, integrazioni con altri sistemi. Il dialogo tra le due parti avviene tramite chiamate HTTP o WebSocket, spesso in formato JSON.
Di fatto, il browser diventa una piattaforma di esecuzione. Grazie alle evoluzioni degli standard – basta guardare la documentazione di MDN sulle Progressive Web App – oggi una web app può lavorare offline, inviare notifiche push, accedere a funzionalità di dispositivo come fotocamera e geolocalizzazione. Non siamo più ai tempi delle pagine che si ricaricano a ogni clic.
Perché non sono la stessa cosa delle app native
Le app native nascono per un sistema operativo specifico: iOS, Android, a volte piattaforme desktop. Sono scritte con linguaggi e framework dedicati (Swift, Kotlin, framework come SwiftUI o Jetpack Compose) e hanno accesso diretto alle API del sistema. Questo consente una integrazione profonda con l’hardware, una gestione più fine delle prestazioni, un controllo totale sulla UI secondo le linee guida della piattaforma.
Le applicazioni web, invece, vivono in un livello di astrazione superiore. Vengono caricate dal browser, che fa da intermediario tra il codice e il dispositivo. Non passano dagli store, non devono sottostare alle stesse regole di approvazione, non richiedono update da parte dell’utente. Una web app può essere aggiornata decine di volte in un giorno senza che nessuno debba scaricare nulla. È qui che sta la grande differenza culturale: le app native sono rilasci, le web app sono flussi continui.
Ovviamente c’è un prezzo da pagare. Le app native hanno ancora un vantaggio in termini di prestazioni grafiche spinte, accesso a sensori particolari, integrazione con il sistema (notifiche avanzate, gesture, servizi di background). Le web app puntano su portabilità e velocità di distribuzione.
Il ponte delle Progressive Web App
Negli ultimi anni è emersa una zona intermedia: le Progressive Web App (PWA). Sono applicazioni web che sfruttano alcune funzionalità evolute del browser per comportarsi in modo simile a una app nativa: possono essere aggiunte alla home, lavorare offline, gestire cache avanzate, inviare notifiche. Google ha spinto molto su questo modello, come si vede nelle guide ufficiali su web.dev, proprio perché permette di distribuire esperienze quasi native senza passare dagli store.
Non sono una soluzione magica, ma rappresentano bene la direzione in cui si sta muovendo il web: non più pagine da leggere, ma applicazioni da usare, indipendenti dalla piattaforma.
Quando scegliere una web app e quando una app nativa
Qui non esistono risposte universali, esistono obiettivi. Se il cuore del progetto è accessibile da browser, deve essere multipiattaforma fin dal primo giorno e si basa su flussi di dati, dashboard, strumenti operativi, l’applicazione web è quasi sempre il punto di partenza più sensato. È più economica da distribuire, più semplice da aggiornare, più adatta a un mondo in cui gli utenti passano continuamente da un dispositivo all’altro.
Se invece il progetto vive soprattutto sullo smartphone, ha bisogno di un’integrazione profonda con l’hardware (sensori, Bluetooth, elaborazioni locali), deve sfruttare store e ecosistemi nativi, allora l’app nativa ha ancora un vantaggio evidente. In molti casi la soluzione migliore non è scegliere, ma orchestrare: una solida applicazione web al centro, affiancata da app native leggere che si appoggiano alle stesse API.
Nell’esperienza di Meteora Web, la scelta non parte mai dalla tecnologia, ma dal contesto: utenti, obiettivi, canali, tempi, budget. Una web app ben progettata può diventare il nucleo di un ecosistema digitale intero. Una app nativa potente ma isolata, spesso, resta solo un’icona in più sullo schermo.