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PHP: che cos'è, come funziona e perché regge ancora Internet

PHP: che cos'è, come funziona e perché regge ancora Internet

Da anni circola sempre la stessa battuta: PHP è morto, superato, inadatto al web moderno. Poi guardi i numeri e scopri che una fetta enorme dei siti che usiamo ogni giorno gira ancora su PHP. WordPress, Laravel, vecchi monoliti aziendali e nuove API convivono sullo stesso linguaggio che molti danno per spacciato a ogni generazione di sviluppatori. La verità è meno romantica ma molto concreta: PHP continua a reggere una parte importante di Internet perché, nonostante i suoi difetti storici, si è evoluto, è maturato e oggi è molto diverso dal linguaggio disordinato dei primi anni Duemila.

Che cos’è davvero PHP

PHP è un linguaggio di scripting lato server, progettato per generare pagine web dinamiche. Nato negli anni Novanta come insieme di script per pagine personali, è diventato via via un linguaggio di programmazione completo, oggi definito in modo formale dalle specifiche pubblicate su php.net. Il suo compito originario era semplice: prendere una richiesta HTTP, eseguire del codice sul server, generare HTML da restituire al browser.

Per molto tempo PHP è stato sinonimo di file .php caricati su un hosting condiviso, mescolando HTML e logica nella stessa pagina. Oggi lo scenario è cambiato: il linguaggio supporta pienamente la programmazione a oggetti, ha un sistema di tipi molto più evoluto, gestisce eccezioni, interfacce, trait, namespace. Le versioni moderne, dalla 7 in poi, hanno introdotto miglioramenti enormi in termini di performance e robustezza, come mostrano i benchmark e la documentazione ufficiale.

Nonostante l’immagine un po’ datata che spesso lo accompagna, PHP è un progetto vivo, con un ciclo di rilasci chiaro, un processo RFC trasparente e una community che continua a investire nel linguaggio.

Come funziona nel ciclo di una richiesta web

Per capire perché PHP è rimasto così centrale bisogna guardare a come si inserisce nel ciclo di una richiesta HTTP. In uno scenario classico, il server web (Apache, Nginx con PHP-FPM o altro) riceve la richiesta del browser e la passa all’interprete PHP. Quest’ultimo legge il file di ingresso, esegue il codice, interroga eventuali database, produce un output testuale (di solito HTML, ma anche JSON o altro) e lo rimanda al server web, che lo invia al client.

Questo modello, descritto in modo chiaro nelle guide ufficiali su php.net, è semplice ma efficace: ogni richiesta è indipendente, non c’è stato applicativo persistente in memoria tra una chiamata e l’altra (a meno di soluzioni dedicate come server long running o framework specifici). Questo approccio rende più facile scalare orizzontalmente, distribuendo il carico su più istanze dietro un bilanciatore.

Nel tempo il modo di usare PHP si è raffinato. Strumenti come Composer, il gestore di pacchetti reso centrale dall’ecosistema moderno, hanno portato dipendenze, autoloading e versionamento del codice a un livello comparabile con altri ambienti come Node.js o Python. Framework come Laravel o Symfony hanno imposto convenzioni, strutture chiare, container di dipendenze, middleware, portando ordine dove prima regnava l’improvvisazione.

Perché PHP regge ancora così tanto del web

Un motivo è puramente statistico: una quota enorme dei siti al mondo usa WordPress, e WordPress è scritto in PHP. Lo stesso vale per molte piattaforme di ecommerce, gestionali web, CMS custom nati negli anni passati e ancora perfettamente operativi. La storia conta: quando per anni hai sviluppato in PHP, accumulato codice, plugin, temi, interfacce con gestionali e sistemi terzi, non cambi stack dall’oggi al domani solo perché è uscito l’ennesimo framework alla moda.

Ma la spiegazione non è solo l’inerzia. PHP ha continuato a evolversi. Le versioni moderne hanno ridotto drasticamente i tempi di esecuzione, migliorato la gestione della memoria, introdotto tipi stretti, migliorato la sintassi. La pagina dedicata su Wikipedia mostra bene la traiettoria: da linguaggio improvvisato a runtime maturo capace di sostenere applicazioni complesse.

A questo si aggiunge la disponibilità di hosting. Qualsiasi provider, dal piano condiviso più economico al server dedicato gestito, supporta PHP. Molti pannelli di controllo nascono pensando anzi prima di tutto a questo linguaggio. Per chi deve mettere online un progetto rapidamente, la combinazione PHP + database + hosting pronto all’uso è ancora una scorciatoia estremamente competitiva.

Infine, c’è la questione delle competenze diffuse. In moltissimi team esistono ancora sviluppatori che conoscono bene PHP, i suoi framework e i suoi strumenti. Formare qualcuno da zero su un linguaggio ampiamente documentato, con una montagna di tutorial e di codice aperto da studiare, è spesso più semplice che puntare tutto su stack più giovani, dove la documentazione è meno stratificata.

PHP nell’era delle API, dei microservizi e del front end moderno

Chi immagina il PHP soltanto come motore di pagine HTML server side si perde una parte del quadro. Oggi il linguaggio è usato anche per costruire API REST e backend che dialogano con front end in React, Vue o altri framework moderni. Documentazione come quella di Laravel o Symfony mostra pattern consolidati per autenticazione, serializzazione, gestione delle code, integrazione con sistemi di cache e servizi esterni.

In molti progetti PHP non è più l’unico strato che parla con il browser, ma il cuore applicativo dietro a SPA e PWA, un nodo tra database, servizi esterni e front end JavaScript. Alcune aziende lo usano anche in contesti ibridi, accanto a microservizi scritti in Go o Node.js, sfruttandolo per ciò che fa meglio: logiche di business consolidate, integrazione con sistemi esistenti, sviluppo rapido di backend amministrativi.

Questo non significa ignorare i limiti: PHP non è la soluzione ideale per qualunque tipo di sistema in tempo reale o streaming intensivo, e non ha senso usarlo dove altri runtime offrono vantaggi strutturali. Ma nei domini in cui serve elaborare richieste HTTP, parlare con database SQL, gestire sessioni, form, flussi di contenuti, resta un candidato estremamente competitivo.

Per chi progetta siti, prodotti digitali o piattaforme web, la domanda non è se PHP sia alla moda, ma se sia lo strumento giusto per il problema da risolvere. In molti casi la risposta, ancora oggi, è sì. Ed è proprio questo realismo tecnico, più che la nostalgia, a spiegare perché un linguaggio nato negli anni Novanta continua a reggere così tanta parte dell’Internet che usiamo ogni giorno.

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