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Panico nel cloud: il caso Lintasarta Cloudeka e cosa rischiano i tuoi dati

Panico nel cloud: il caso Lintasarta Cloudeka e cosa rischiano i tuoi dati

Oggi, 23 novembre 2025, il nome Lintasarta Cloudeka ha iniziato a comparire nei report di sicurezza e nei canali di threat intelligence: un presunto data breach avrebbe coinvolto il cloud provider indonesiano, noto per ospitare infrastrutture mission critical per aziende e pubblica amministrazione. Gli attaccanti rivendicano un accesso non autorizzato ai sistemi interni, ma al momento non sono stati pubblicati campioni di dati rubati.

Per chi lavora con hosting, VPS e servizi cloud, questo episodio non è solo una notizia lontana. È un promemoria di quanto la superficie d’attacco reale del tuo business non coincida più con il tuo data center, ma con l’insieme di scelte tecniche e di sicurezza del provider a cui ti affidi.

Che cosa sappiamo finora sull’incidente

Secondo le prime ricostruzioni, la violazione riguarderebbe sistemi utilizzati da Lintasarta per erogare servizi cloud attraverso la piattaforma Cloudeka. Le informazioni parlano di compromissione dell’infrastruttura interna, ma non ci sono ancora conferme ufficiali né evidenze pubbliche di dati esfiltrati. Gli attaccanti hanno etichettato l’evento come data breach, cosa che lascia intendere almeno un accesso non autorizzato a risorse sensibili.

Chi monitora il dark web sa che spesso questi annunci sono il primo passo di una strategia di pressione: prima si lancia il nome della vittima, poi eventualmente si pubblicano prove o dump parziali. Nel frattempo, il danno reputazionale per il provider inizia comunque.

Perché un problema in Indonesia riguarda anche chi usa il cloud in Europa

Quando a essere toccato è un cloud provider, il rischio non è solo “il sito offline”, ma l’effetto domino su tutti i tenant che vivono sulla stessa piattaforma. Se viene compromesso il piano di controllo, un attaccante può potenzialmente muoversi tra più ambienti, leggere configurazioni, intercettare log, mappare architetture.

Per chi usa hosting gestito o soluzioni come Meteora Web Hosting, casi come quello di Lintasarta ricordano tre cose: serve fare davvero due diligence sul provider, progettare tenendo conto del possibile fallimento del fornitore e non delegare completamente il monitoraggio di ciò che succede sull’infrastruttura che ospita i propri servizi.

Come reagire se domani fosse il tuo provider nelle news

La prima regola è non farsi prendere dal panico, ma nemmeno aspettare la nota stampa ufficiale per muoversi. In uno scenario simile, i passi minimi sono sempre gli stessi: ruotare le credenziali più sensibili (pannelli di amministrazione, API key, accessi SSH e VPN), rivedere i log alla ricerca di accessi anomali, verificare se esistono connessioni in ingresso da indirizzi o Paesi insoliti.

La seconda regola è avere un piano B credibile: sapere quali servizi possono essere spostati rapidamente su un’altra infrastruttura, quali richiederebbero un progetto di migrazione più lungo e quali dati meritano un controllo extra perché più delicati di altri. Questo tipo di domanda va affrontato prima della crisi, non durante.

Un promemoria sulla responsabilità condivisa del cloud

Il caso Lintasarta Cloudeka è l’ennesimo tassello di una tendenza chiara: i cloud provider sono bersagli sempre più appetibili perché rappresentano un punto di accesso unico a molti ambienti diversi. È un rischio che non possiamo eliminare, ma che possiamo gestire scegliendo fornitori strutturati, architetture pensate per resistere agli imprevisti e piani di continuità operativa che non esistono solo nei PDF.

Alla fine il cloud resta un moltiplicatore di potenza, ma anche di responsabilità condivisa. Sta a noi decidere se subirlo o usarlo a nostro favore, trasformando ogni data breach che leggiamo in un motivo per rimettere mano alla nostra infrastruttura.

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